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Codice della Strada

Non perdi i punti della patente se non ti ricordi chi guidava: il ”trucchetto” infallibile che stanno usando tutti

La Cassazione protegge i proprietari: niente taglio punti se non ricordano chi guidava l’auto. Gli automobilisti italiani, spesso sorpresi dagli autovelox, possono tirare un sospiro di sollievo.
Con l’ordinanza 9555/2018, la Corte di Cassazione ha deciso che il proprietario di un’auto multata tramite autovelox o tutor non è più obbligato a comunicare l’identità del conducente al momento dell’infrazione. Questa nuova disposizione stabilisce che la mancata comunicazione dei dati non comporterà automaticamente una seconda multa, e ogni caso sarà valutato singolarmente dai giudici.

La decisione della Corte di Cassazione: cosa cambia per i proprietari

Fino a oggi, ogni volta che un dispositivo elettronico come un autovelox rilevava un’infrazione, il sistema prevedeva l’invio della multa a casa del proprietario dell’auto entro 90 giorni. Questa procedura includeva anche una richiesta esplicita: comunicare alle autorità i dati personali del conducente effettivo, compresi nome, cognome e numero di patente. Lo scopo era poter applicare la decurtazione dei punti direttamente alla persona che aveva commesso l’infrazione, anche quando quest’ultima fosse il proprietario stesso. Nel caso in cui questa informazione non fosse fornita, la legge prevedeva una seconda sanzione, con importi che potevano variare dai 282 fino a 1.142 euro.

La Corte di Cassazione, però, ha stabilito un’importante modifica. Secondo la nuova interpretazione, il proprietario dell’auto può evitare sia la perdita di punti che la seconda sanzione se riesce a dimostrare che non è in grado di sapere chi fosse alla guida al momento dell’infrazione. Questo permette al proprietario di invocare l’uso condiviso dell’auto e la difficoltà di ricordare, a distanza di tempo, chi fosse il conducente, soprattutto se il veicolo viene utilizzato frequentemente da familiari come figli o coniugi.

Come evitare la decurtazione dei punti e la seconda multa

Secondo le nuove disposizioni, chi riceve una multa può limitare i danni in modo significativo. Oltre a pagare la sanzione principale, il proprietario ha ora la possibilità di evitare sia la decurtazione dei punti dalla patente che la seconda sanzione semplicemente rispondendo alla richiesta della polizia. La risposta deve essere data entro il periodo di 60 giorni e può indicare, ad esempio, che l’auto è condivisa con altri membri della famiglia, come figli o il coniuge, e che a causa del tempo trascorso non è possibile ricordare con certezza chi fosse alla guida nel momento dell’infrazione.

A questo punto, sarà il giudice incaricato a valutare caso per caso la validità di questa giustificazione. Ciò significa che la mancata comunicazione dei dati del conducente non implica automaticamente una seconda sanzione, ma che spetterà ai giudici decidere se l’argomentazione sia credibile o meno. La scelta della Corte di Cassazione rappresenta un’importante novità per i tanti italiani che possiedono auto condivise all’interno della famiglia e che, fino a oggi, rischiavano di incorrere in una doppia sanzione anche per semplici errori di memoria o per impossibilità di identificare con certezza il conducente.

Il nuovo scenario per i proprietari: opportunità e responsabilità

La nuova ordinanza della Cassazione non solo offre ai proprietari la possibilità di evitare una doppia penalizzazione, ma evidenzia anche la necessità di bilanciare le responsabilità fra conducenti e proprietari. Questo cambiamento è particolarmente rilevante per chi possiede un’auto condivisa, dove i diversi utenti del veicolo rendono difficile tenere traccia di chi guidava in ogni momento. Con questa sentenza, il legislatore sembra riconoscere la realtà delle famiglie moderne e delle dinamiche di utilizzo condiviso del veicolo, dove il proprietario non è necessariamente l’unico conducente abituale.

La sentenza della Cassazione invita anche alla consapevolezza e responsabilità da parte dei giudici, che devono ora stabilire caso per caso se il proprietario dell’auto sia giustificato nel non poter identificare il conducente. Si tratta di una forma di tutela per i cittadini che, pur rispettando il Codice della Strada, potrebbero trovarsi in difficoltà nel fornire una risposta precisa alle richieste di identificazione a causa del tempo trascorso o dell’uso condiviso del veicolo.

In definitiva, questa nuova direttiva rappresenta una svolta importante per la tutela dei diritti degli automobilisti italiani, che ora possono evitare penalizzazioni ingiuste grazie a una maggiore comprensione della realtà quotidiana e familiare dell’uso delle auto.

Cristian Gangemi